La relazione al Cn del segretario Francesco Nucara/Restiamo una riserva democratica a disposizione del Paese

Il Partito repubblicano non si scioglie

Relazione al Consiglio Nazionale del 14 marzo 2009.

di Francesco Nucara

Cari Amici, abbiamo vissuto in questi ultimi mesi traversie politiche interne ed esterne al PRI la cui portata rischiava di distruggere quel che è rimasto del Partito.

Se ancora siamo qui a parlare di futuro, nostro e del Paese, vuol dire che la struttura fisica e morale dei repubblicani, poco o molti che siano, è abbastanza solida.

Come già ho avuto modo di dire in altre occasioni la storia repubblicana è pervasa di litigi politici e talvolta anche personali. Sembra di osservare un caleidoscopio dove tutto si scompone e si ricompone. E' vero però che nella vita politica quando si scompone è molto difficile, anche se non impossibile, ricomporre quello che si è sfasciato. I repubblicani sono pervasi da passioni pure e forti e non sempre danno spazio alla ragione, anche quando si beano di affermare: siamo il "partito della ragione".

Tempo fa, nel corso di una Direzione Nazionale, ebbi a dire: "sono indeciso tra il cuore e la ragione". Mi viene spesso ricordato che il segretario ha il dovere di decidere, non di aspettare e scegliere tra cuore e ragione, perché avremmo dovuto scegliere ieri poiché oggi potrebbe essere troppo tardi.

Come vi dicevo la storia repubblicana è costellata di scissioni e di abbandoni collettivi e singolari. In queste vicende vengono coinvolti monumenti della storia repubblicana, partendo da Barzilai all'inizio del ‘900, passando per Giovanni Conti negli anni ‘50; Randolfo Pacciardi negli anni ‘60, lasciando da parte i monumenti, fino ad arrivare ai giorni nostri negli anni ‘90 e 2000.

Ora, a mio avviso, considerato che non siamo un partito ammalato di leaderismo, chi guida un piccolo partito come il nostro ha come primo dovere quello di trovare la sintesi delle varie anime che convivono all'interno di esso.

Non è il caso di prendere decisioni rapide magari giuste ma laceranti. Perseguendo una politica che aveva come unico e primario obiettivo la salvezza del PRI e della sua storia, e considerato l'evolversi dello scenario politico italiano accompagnato da una bufera di leggi elettorali tese più a eliminare i fastidiosi piccoli partiti che, con il loro carico di storia risorgimentale, resa più moderna nella metà del ‘900, disturbavano i manovratori di una modernità di cartone dove non imperava e non impera il nuovo, ma il nuovismo come dato politico discriminante al di là delle capacità e anche della passione di cui si nutre la politica come servizio.

Cari amici consiglieri nazionali, ben conoscete la storia della sede storica del nostro partito e sapete pure chi e quanti hanno dato il loro contributo, finanziariamente modesto o sostanzioso. Manca però quella coralità per risolvere un problema che riguarda tutti, poiché la sede è dei repubblicani. C'è gente che ha risposto all'appello e che nemmeno conosciamo, mentre mancano ancora i dirigenti e sono tanti. Nell'appello che leggete su "La Voce" viene indicato: "liberi dal bisogno per essere liberi con la testa".

Non riusciamo ad essere liberi dal bisogno e forse non abbiamo la possibilità di essere liberi con la testa.

A molti questo problema sembra essere un patrimonio esclusivo del segretario.

A questi rispondo che non è assolutamente un problema del segretario ma se il problema, invece, dovesse essere il segretario, vi annuncio che il problema si risolverebbe con immediatezza.

E' mia convinzione che in questo Paese sono molti i cittadini che la pensano come noi. Per pigrizia, per inconsce paure, non si "espongono" a dire ciò che pensano in una società dove un sistema di potere parimenti suddiviso, anche se proveniente da sorgenti diverse, li stritolerebbe con facilità. Ai Repubblicani l'obbligo di concepire, sviluppare, attuare la resistenza ad un sistema che al di là delle intenzioni rischia di penalizzare la democrazia di questo Paese. Tuttavia la resistenza non si compie facendosi ammazzare prima ancora di un vagito. Qualche anno fa è stato detto e abbiamo condiviso: "I repubblicani non sono una riserva indiana, ma una riserva democratica per il Paese".

Sono queste le facce di una stessa medaglia. Se vogliamo attrezzarci per un futuro più o meno prossimo dobbiamo anche prendere coscienza che la nostra realtà politico-organizzativa ha bisogno di rafforzarsi e di nutrirsi di nuova linfa facendo emergere ciò che si ritrova al suo interno. Tra due settimane ci sarà il congresso del PDL. Orbene è necessario prendere una decisione ormai diventata ineludibile: la partecipazione o meno a quel Congresso con delegati indicati dal PRI.

E' bene che chiarisca alcuni dati tecnici: il congresso del PDL serve a rendere più integrata un'Associazione, sottolineo Associazione, tra Forza Italia e AN come scritto nell'atto notarile di questa associazione. L'Associazione ha come obiettivo la costituzione del PDL che dovrebbe concludersi nel 2014. L'atto notarile di cui si parla prevede anche la partecipazione di altri soggetti politici.

Partecipare al Congresso del PDL non significa sciogliere il partito. Allo scioglimento del PRI non so se ci pensa qualcuno, credo di no, sicuramente non ci pensa il sottoscritto. Dovrei pensare che il lavoro di questi anni è stato inutile e, in piena coscienza, non lo penso.

Andare con i delegati repubblicani al congresso del PDL non significa nulla sul piano concreto. Pensate ai 6000 delegati che dovrebbero discutere in due giorni e mezzo il futuro del Paese. Dal punto di vista mediatico però potrebbe apparire che il nostro partito vada verso lo scioglimento. Dal punto di vista politico significherebbe partecipare per non scomparire da un gioco politico in cui le carte non le diamo noi ma possiamo sperare che in qualche giro possa capitare anche a noi, ridotti al lumicino, di poterne avere di buone.

I Repubblicani hanno forza morale necessaria e sufficiente per non farsi contaminare da culture distanti dalla loro. Essi sanno bene, però, che bisogna resistere per sopravvivere.

Ascolterò i vostri interventi e poi insieme decideremo. So benissimo che qualunque decisione prenderemo ci saranno degli scontenti. Il mio dovere sarà quello di far sì che ce ne siano il meno possibile. All'amico Del Pennino che conosco da una vita voglio ribadire che se il problema fossi io, quel problema sarebbe già risolto. Sono talmente stanco dei politologi che se ne fregano della politica, che non solo è "sangue e merda" come ha detto Rino Formica, ma spesso, molto più spesso, è solo merda.

Solo la grande passione per l'edera repubblicana che ormai fa un tutt'uno con me (come dissi all'ultimo congresso, "non riesco a pensare ad altro se non al Partito Repubblicano Italiano"), solo questa grande passione mi dà la forza di resistere passando notti insonni.

Lungi da me pensare a compatimenti che non mi riguardano, non mi interessano, mi infastidiscono e li rifiuto così come le tante piaggerie temporanee.

E' bene però, che si riprenda coscienza dei problemi poiché la politica-politica, e non politicante, per potersi affermare, ha bisogno di strumenti adeguati e, quando si è piccoli, anche di un elevato grado di duttilità.

Non stacchiamo la spina ma sappiate tutti che non ci possiamo consentire luminarie.

Le elezioni europee sono alle porte. Le condizioni per presentare le liste repubblicane sono labili, molto labili. Lo scoglio della raccolta delle firme mi pare insormontabile.

Tuttavia stiamo lavorando per trovare soluzioni che ci consentano di riaffermare i nostri principi e i nostri legami con l'ELDR. State tranquilli amici, tutto può succedere meno che aderire al PPE. Credo che sia meglio non avere rappresentanze in Europa se il prezzo dovesse essere quello di morire democristiani. Mi potete chiedere tutto ma questo no! Rimarrei silenziosamente al servizio dei repubblicani e dopo decenni di militanza penso che nessuno abbia motivo per dubitarne.

Sono fiero, molto fiero di essere repubblicano e di spendere, se richiesto, le mie ultime energie per continuare una storia iniziata a metà dell'800.

Continueremo, finché possibile, le nostre battaglie per lasciare quanto prima un'eredità repubblicana che, se pur ridotta al lumicino, ha ancora il suo prestigio e la sua forza.

Come mi ha detto Giulio Ferlaino, proprio ieri, "ITALIANI DAL 1895".